Il “Museo Dantesco Lunigianese” è una Sezione della struttura polivalente del Museo “Casa di Dante in Lunigiana”.
Intitolato alla memoria di Livio Galanti (1913-1995), valentissimo dantista nativo di Pozzo di Mulazzo (Ms), esso ha per oggetto tutto quanto abbia attinenza allo speciale rapporto che unì Dante alla terra di Lunigiana.
L’esposizione si sviluppa essenzialmente tramite Schede Didattiche e elementi documentari a muro. L’insieme della documentazione prodotta è tesa ad elevare a sistema l’insieme prezioso e ricchissimo delle Referenze Dantesche Lunigianesi. La conseguente edificazione di una nuova branca disciplinare, detta Dantistica Lunigianese, fa del Museo – e più in generale della “Casa di Dante in Lunigiana”, alla quale si rimanda per info sulle visite – una vera e propria Scuola Dantesca Lunigianese.
PANNELLO 1 – IL SOLCO INDELEBILE DI LUNI “Lunigiana” è toponimo che deriva da Luni, colonia romana fondata nel 177 a. C. alla foce del fiume Magra. Il suo comprensorio si identifica con il culto preistorico delle Statue-stele.
La Lunigiana Storica è costituita dalle attuali provincie della Spezia e di Massa Carrara. Di recente ha ritrovato vigore l’idea di una nuova regione amministrativa denominata Lunezia (G. Benelli, 1999). La Terra della Luna comprende cinque magnifici distretti: le Cinque Terre, la Val di Vara, il Golfo dei Poeti, la Val di Magra e le Alpi Apuane.
PANNELLO 2 – “LA REGIONE A CUI NULLA MANCA” Cinque parchi naturali (due nazionali e tre regionali) estesi tra picchi, boschi, fiumi, prati, spiagge, scogliere e isole, il tutto concentrato in una regione “a misura d’uomo”. La Lunigiana, Regione a cui nulla manca (M. Manuguerra, 2002), è una realtà più unica che rara.
Dal Parco Nazionale delle Cinque Terre fino a quello dell’Appennino Tosco-emiliano, dal Parco Fluviale della Magra agli due altri regionali delle Alpi Apuane e di Portovenere-Isole del Golfo della Spezia, la Lunigiana offre una sintesi eccezionale dove Natura, Storia, Arti e Scienze hanno trovato nei secoli notevoli sviluppi.
PANNELLO 3 – SULLE ORME DEI GIGANTI Nella Terra dei cento castelli (M. Manuguerra, 2002) sono sempre presenti Dante, Petrarca, Boccaccio, B. P. Shelley, Byron, Carducci, Pascoli, Wagner, D. H. Lawrence, D’Annunzio, Marconi, Marinetti, Ceccardo, Ungaretti, Montale, Cardarelli e Soldati. Anonimi geni hanno qui lasciato nei secoli tracce immortali, come le stesse Statue-stele (Pontremoli e La Spezia), il bassorilievo romano dei Fantiscritti (Carrara), il Volto Santo del Monastero del Corvo (Bocca di Magra) e il Labirinto di Pontremoli. La Regione ha trovato personaggi notevoli anche in alcuni suoi degni figli, come il poeta latino Persio, il navigatore Alessandro Malaspina e autori contemporanei come Ubaldo Mazzini e Ettore Cozzani.
PANNELLO 4 – DAL CAPOSTIPITE AGLI OSPITI DI DANTE Capostipite dei Malaspina è Oberto Obizzo, che troviamo nel 1014 tra gli eroi della guerra arduinica. Il pronipote Alberto (Pace di Lucca, 1124) è l’eponimo della dinastia. Suo figlio, Obizzo il Grande, ottenne enormi concessioni dal Barbarossa (1164). Da lui nacquero Alberto “il Moro” (ca. 1165), poeta trobadorico, e Obizzone (1187). Da quest’ultimo venne Corrado, detto da Dante «l’Antico» in Pur VIII. Nel 1221 l’Antico trasferì la corte dal castello di Oramala (Val di Stàffora, piacentino) in Lunigiana. La Marca fu divisa in due rami: Spino Secco (ghibellino, o imperiale) e Spino Fiorito (guelfo, o papale).
Dante riconosce ai feudi dello Spino Secco una fama “europea”. I “suoi” Malaspina sono i marchesi cugini Moroello IV di Giovagallo («vapor di Val di Magra» in Inf XXIV), Franceschino di Mulazzo (Pace di Castelnuovo del 1306) e Corrado II, detto “il Giovane”, di Villafranca (protagonista di Pur VIII).
PANNELLO 5 – IL MECENATISMO TROBADORICO I Malaspina furono tra i primi mecenati italiani. L’ospitalità ai poeti provenzali (sec. XII) divenne infatti una prerogativa specifica del Casato e contribuì non poco alla sua fama continentale. I lirici ricambiavano l’ospitalità cortese eternando nelle canzoni i nomi dei Signori e delle loro Dame, sicuramente con forti impegni allegorici.
A Oramala e Mulazzo lasciarono tracce del proprio ingegno cantori come Peire Vidal, Giraut de Bornelh, Rambautz de Vaqueiraz, Uc di Sant Circ, Albertet de Sisteron, Aimeric de Peguilhan, Raimon de Tolosa, Guilhem de la Tor. Presso i Malaspina si sviluppa quella “Prima Rinascenza” che avrebbe portato Dante (anch’egli di casa in Lunigiana) al vertice insuperabile della nuova letteratura europea in lingua volgare.
PANNELLO 6 – LA SAPIENZA EROICA DEGLI STEMMI
Così va il nostro amore,
come il ramo dello spino: sta dritto tutta notte
[…] il canto e il ramo in fiore dello spino
Le fonti di ispirazione dei due stemmi malaspiniani si ritrovano nei fondatori della poetica trobadorica, sorta sulla cultura eroica della Chancon de geste: Guglielmo IX, Duca d’Aquitania e VII Conte di Poitiers, e Jaufre Rudel (1125–1148), partecipe della II Crociata ed evocatore dell’insegnamento di Bernardo da Chiaravalle, l’estensore della Regola dell’Ordine Templare (M. Manuguerra, 2013). Chi concepì gli stemmi? Forse Guilhem de la Tor, autore della Treva (la ‘Tregua’, ca. 1216), dove Selvaggia e Beatrice, figlie dell’Antico, si contendono la palma di reginetta di virtù. Quale sarebbe divenuta la “Donna” (la ‘Corte’) più virtuosa: quella dello Spino Secco, ghibellina, o l’altra, guelfa, dello Spino Fiorito? Ma si trattava pur sempre di sorelle, sicché la pace sapienziale sancita tra loro dall’arte iniziatica del trobadour, novello Virgilio, si fa profezia inconsapevole di una nuova “lieta novella”: la Pax Dantis. Nelle fanciulle di casa Malaspina già splendono i due angeli del Canto VIII del Purgatorio (Manuguerra, 2013).
PANNELLO 7 – LA DATA DI ARRIVO IN LUNIGIANA Il termine ad quem dell’arrivo di Dante, di cui alla profezia astronomica di Pur VIII, è il cambio di costellazione dall’Ariete al Toro del 1306 (L. Galanti, 1965). Il “Termine Galantiano” è fissato con precisione nel giorno 12 aprile (C. Palandrani, 2003). Il Poeta fu chiamato in Lunigiana in missione diplomatica dai Malaspina imperiali in occasione della SS. Pasqua (3 aprile 1306).
La “Torre di Dante” a Mulazzo
Il favore astrologico del Soggiorno è il massimo concepibile: il medesimo con cui si apre e si chiude la Divina Commedia (Inf I 37-40): uscita dalla “selva oscura” il 4 di aprile del 1300 e Visio Dei il successivo giorno 10, SS. Pasqua. (M. Manuguerra, 1996-2003). Un secondo soggiorno di Dante in Lunigiana è richiesto dall’Epistola di frate Ilaro, databile al 1314.
PANNELLO 8 – LE REFERENZE DANTESCHE La Lunigiana è la terra più ricca di referenza dantesche, tutte positive: il Canto VIII del Purgatorio; gli Atti della Pace di Castelnuovo; le numerose citazioni nell’Opera Omnia; L’Epistola IV dal Casentino; la Leggenda dei primi sette Canti dell’Inferno; l’Epistola di Frate Ilaro del Monastero del Corvo; la Corrispondenza poetica tra Dante, Moroello di Giovagallo e Cino da Pistoia (Rime, CX-CXV). La Regione vanta anche alcune preziosità: l’abbacinamento di Pier della Vigne a Pontremoli (Inf XIII); il matrimonio di Manfredina di Giovagallo (sorella di Moroello Malspina) con un figlio naturale del Conte Ugolino a Villafranca (Inf XXXIII); il fatale soggiorno sarzanese dell’amico Guido Cavalcanti e due novelle boccacciane del Decamerone: la IV della I Giornata (dedicata al Monastero del Corvo) e la VI della II (inerente la corte di Corrado il Giovane, protagonista di Pur VIII).
PANNELLO 9 – LA SECOLARE TRADIZIONE DI STUDI La disciplina che noi oggi chiamiamo Dantistica Lunigianese trova nella dimensione storica della “Tradizione Secolare degli Studi Danteschi” la sua parte di ricchezza più vera. Essa affonda le radici nello stesso secolo di Dante: si parte da Giovanni Manzini da Fivizzano (1350-1422) per passare al suo concittadino Giovanni Talentoni (1542-1617). Si prosegue con Niccolò Giosafatte Biagioli, di Vezzano Ligure (1772-1830) ed Emanuele Gerini (1777-1836), da Licciana Nardi, per arrivare ad un altro fivizzanese, Adolfo Bartoli (1833-1894). Infine si va da Paride Chistoni (1872-1918), pontremolese, per giungere al grande Livio Galanti (1913-1995), da Mulazzo, l’unico ad averci veramente lasciato, come Virgilio per Dante, «scemi di sé» (Pur XXX 49-50).
PANNELLO 10 – LA PACE DI CASTELNUOVO Nel 1765 gli Atti della Pace di Castelnuovo emersero nelle raccolte del notaro sarzanese Antonio di Parente di Stupio. Si compongono della Procura plenipotenziaria, rilasciata a Dante in Sarzana la mattina del 6 ottobre del 1306 da Franceschino Malaspina, marchese di Mulazzo, per conto dell’intera reggenza ghibellina dello Spino Secco, e dell’instrumentum pacis redatto lo stesso giorno nel Palazzo dei vescovi in Castelnuovo Magra. Il ‘Termine Galantiano’ ci dice che il trattato coronò sei mesi di missione diplomatica. Nel corso dei lavori Dante godette dell’assistenza dei frati minori Guglielmo da Godano e Guglielmo Malaspina, operatori di parte vescovile. L’impegno fu certamente ratificato: dai documenti del Codice Pelavicino apprendiamo che entro i 15 giorni successivi al rogito, come previsto dal trattato, il vescovo-conte ritirò tutte le cause in corso e le scomuniche ai danni dei Malaspina.
PANNELLO 11 – IL CANTO VIII DEL PURGATORIO E LA PAX DANTIS Nella dimensione allegorica del Canto, costruita sul rapporto amichevole tra un guelfo (Nino Visconti) e un ghibellino (Corrado Malaspina di Villafranca), emerge il grande affresco autobiografico dell’esperienza diplomatica della Pace di Castelnuovo. Ma nella scena dei due Angeli che scacciano il Serpente dalla Nobile Valletta (vv. 19-36) si allude anche all’azione fatale di quei due Soli («ne la faccia l’occhio si smarrìa») che nel successivo Pur XVI sono esplicitati nel Papa e nell’Imperatore (Manuguerra, 2006). È l’anticipazione della Pax Dantis, la grande filosofia della Pace Universale che Dante elevò a sistema di pensiero nel trattato filosofico maturo della Monarchia.
PANNELLO 12 – LA PARAFRASI DI CASSIODORO Nel Preambolo dell’Atto della Pace di Castelnuovo è stata individuata una eccezionale parafrasi delle Variae di Cassiodoro (Dolcini, 2003). Il calco, con tutta probabilità, fu dettato dal Poeta al notaio ed è perciò da considerare la prima espressione ad oggi conosciuta di un pensiero compiutamente politico in Dante. Non a caso la citazione di Cassiodoro (un autore non frequentato dai giureconsulti dell’epoca) ma presente nel Paradiso (Raffi, 2005) è operata anche da Pietro di Dante in una sua chiosa a Pur VIII (Galanti, 1985). In forza di tutto ciò, il Canto VIII del Purgatorio è definito dal CLSD “il Canto Lunigianese per eccellenza”(Manuguerra, 2002).
© CLSD 2013 – Tutti i diritti riservati